mercoledì 4 dicembre 2013


Vauro contro Dario e le domande retoriche

Quando una persona intelligente attacca un'altra persona intelligente solo perchè non la pensa come lui mi si attacchina la pelle.

Quella che segue è la lettera che Vauro a fatto pervenire a Dario Fo. Due grandi creativi della satira e due comunisti in purezza che non meritano di essere protagonisti di questa puerile disfida da tifosi con pensiero curviforme della peggior specie. Io li stimo tutti e due; Vauro per le sue sagaci sferzate di carboncino e matita, per il suo impegno con Emergency e chissà per quante altre azioni di sinistra che quasi sempre condivido. Dario lo amo come mio maestro di teatro con il quale e grazie al quale ho calcato le tavole del teatro della gioventù di Genova e della storica Palazzina liberty di Milano. Non tanto per il Premio Nobel che talvolta viene conferito a degli stronzi e  in troppi casi per motivi macropolitici. Una stima e una gratitudine profonde per aver fatto capriolare nel mondo dei perbene tutti i clown, i cantastorie, i reietti del teatro e della musica che, finalmente e anche grazie a lui potranno essere seppelliti in terra consacrata. Per quanto vale.

Per questi motivi di stima la lettera di Vauro a Dario mi irrita profondamente e senza voler scomodare Gramsci mi fa pensare che "prendere partito" non significa smettere di pensare, ma mettere il cervello al servizio della propria liberta di pensiero e d'azione, anche scegliendo da che parte stare, se la si ritiene a ragion veduta quella più giusta.

Ed ecco a voi il testo della lettera indirizzata da Vauro a Dario Fo; una lettera alla quale, impropriamente, mi permetto di rispondere, sconsigliando Dario dal farlo; anche perchè la sua risposta è già disponibile nello scrigno delle sue azioni e della sua coerenza di militante della libertà.

Caro Dario,

ma che ci facevi su quel palco?


"Dobbiamo vincere e vinceremo"
. Che brutte parole. Sì, certo, c'era anche la parola "rivoluzione" che ti piace e piace anche a me. Però non è rivoluzione strillare che tutti sono morti, cadaveri. E se lo è non mi piace. Non mi piacciono i portatori di verità assolute ed indiscutibili, non mi piace chi non ha dubbi e non mi piacciono nemmeno le piazze quando non sanno che ripetere le parole del capo. Ecco sì, le parole del capo. Condivido rabbia e sdegno ma non posso condividere parole macabre e di macabra memoria.

Tu credo mi possa comprendere perché sai meglio di me quanto le parole siano anche contenuto. Allora scusami Dario per quello che ti chiedo. Ti chiedo di scendere da quel palco Compagno Dario. Scendi per favore.


Con l'affetto e la stima di sempre,

Vauro, 02/12/2013




Secondo la mia "pallida idea" risponderei così:


Il peso delle parole, caro Vauro, dipendono da chi le pronuncia e solo l'idea di un confrontro tra Dario e Benito mi suona bestemmia e questo con le dovute differenze vale anche per Beppe Grillo.

Per ciò che riguarda le "verità assolute" sono d'accordo con te. Preferisco i dubbi. Ma quando fai politica in una piazza piena di persone incazzate non puoi limitarti a smacchiare bestie feroci o sospirare prodiane e nefaste probabilità di indefiniti successi. DEVI cogliere l'animus del tuo interlocutore, seguace o no, e scegliere di colpire allo stomaco e muovere al vomito. Un sano conato è infatti, almeno secondo me, l'unico rimedio per superare l' indigestione di cacca spacciata per cioccolato purissimo.

Grazie comunque per il consiglio di scendere dal palco di Grillo; ma dopo aver calcato tutti i palchi del mondo passando per Teatro, cinema, televisione, musica, letteratura e arte figurativa, posso permettermi il lusso di scegliere il palco ne quale decidere di calcare le mie idee.

Grazie per l'attenzione che hai voluto dedicarmi e per i consigli, certamente pieni di buona fede.
Con immutata stima e sincero affetto.


Mario Morales Molfino
Uno che ha scelto la Comunità in alternativa al Comunismo, La Socialità  piuttosto che il Socialismo. L'accento sulle A anzichè l'inconcludenza degli ISMI.







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